mercoledì 9 ottobre 2013

Il futuro è socialista

di Roberto Vertemati
(contributo al prossimo congresso nazionale del Psi)

L’uomo che rimira il suo passato è un uomo che merita di non avere un futuro a cui guardare. (“Il critico come artista”, Oscar Wilde, 1889).  

Il Psi, oggi, è il partito del passato. Questo è stato ed è il nostro più grande errore. Giustificabile solo dalla pigrizia o peggio, dall’incapacità di guardare al futuro. E’ questo uno sbaglio che non può essere perdonato: infatti il Psi, fino al 1992, è stato il partito più lungimirante e visionario del panorama politico italiano, grazie all’intelligenza di molti dei suoi leader. Segretari che non aspettavano il futuro, ma che lo anticipavano, incrinando i sistemi precostituiti del nostro bel Paese.

I segretari e molti dirigenti che si sono susseguiti poi, dall’inizio degli anni ’90, non sono riusciti ad innescare nuova speranza e concretezza nel popolo socialista, perdendone via via il controllo fino ad arrivare alla quasi scomparsa del Psi. Era una situazione già prevista, che noi non siamo riusciti non solo a tamponare, ma che addirittura, in modo miope, abbiamo accelerato, non accorgendoci che nessuno ci avrebbe aiutato, soprattutto a sinistra. Abbiamo così mantenuto una piccola oligarchia impotente che si è spesso rigenerata solo con il cambio di ruoli.

Per i quarantenni come me, che si sono iscritti prima per tradizione e poi per convinzione al Psi dopo il 1992, questa afasia è inaccettabile. Non è neppure più tollerabile stare in un Partito anestetizzato da giochi di ruolo inesistenti. 

E’ venuto il momento di scuotere la base, di rinvigorire e ringiovanire la battaglia politica del socialismo italiano. 


E’ necessario aprire il Psi al grande universo culturale filo-socialista. Un partito aperto a circoli, associazioni, gruppi, permettendo a tutti di partecipare alle decisioni e alle scelte strategiche. Per far questo dobbiamo trasformare la nostra struttura da statica a dinamica, uscendo dalla fisionomia di Partito classico per trasformarci in una grande organizzazione trans-partitica che preveda l’iscrizione anche con una doppia tessera.

Se vogliamo crescere, dobbiamo essere concreti ed incisivi. Dal congresso non deve solo uscire l’ammonimento che la sinistra italiana, per vincere, si deve rifare alla socialdemocrazia europea. Deve anche essere proposto un metodo condiviso con cui scegliere il leader dei progressisti delineandone, da subito, caratteristiche personali e politiche, senza preclusioni legate a vecchi schemi ideologici. 

Dal punto di vista programmatico dobbiamo individuare un solo tema su cui concentrare la nostra battaglia. Questo tema non può che essere il lavoro. Dobbiamo essere coloro i quali propongono una revisione sostanziale dello statuto dei lavoratori, regole più flessibili per assunzioni e licenziamenti accompagnate da migliori e più efficaci tutele per chi perde il lavoro. Senza paure o compromessi vetero-sindacali. Per combattere la disoccupazione, favorendo crescita e equità. 

Dobbiamo inserire per statuto la norma che il Segretario lo si può fare una volta sola così da evitare che l’organizzazione diventi feudo personale di qualcuno. E’ necessario chiarire che, per favorire il ricambio, chi ha incarichi istituzionali non deve avere anche incarichi politici (e viceversa) e che anche la stessa carica di partito non può essere mantenuta più di due mandati congressuali consecutivi. 

Posso capire che molte di queste proposte possano dar fastidio soprattutto coloro i quali dal 1992 si sono trovati al vertice di un partito da cui prima erano esclusi. Pazienza.
Possono anche arrabbiarsi coloro i quali, attraverso logiche di apparato, pensano che perfino un Partito residuale li possa garantire. Pazienza. 
Possono irritarsi anche i burocrati del Psi che, nonostante la nostra miseria, detengono micro posizioni di potere. Pazienza. 

Dobbiamo pensare ai molti e non ai pochi, e soprattutto dobbiamo cercare di far diventare maggioranza culturale nella sinistra il socialismo. Questo è il nostro compito. Altro non mi interessa. Poche cose ma essenziali per la ripartenza. O forse sarebbe meglio dire per la partenza. Così anche la modifica del nome diventa superflua. Perché parliamo di sostanza.

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